Riceviamo e volentieri pubblichiamo il comunicato stampa di Lucera Non Tace
LUCERA – Chiedersi come si vede la propria città spesso può rivelarsi un esercizio interessante. Lucera, una città del passato che trasuda di storia da ogni pietra dei suoi monumenti. Percorrendo alcune vie del centro storico ci si immerge in una fascinosa atmosfera in cui la dimensione temporale sembra dissolversi. Nel silenzio, il rintocco dei passi sul pavé di secolare pietra lavica si propaga per il vicolo e pare il segnale convenuto che spalanca le porte di una realtà eterea legata ad un glorioso passato. Di colpo il rumore fastidioso di un’auto che ti ha sfiorato, il tanfo nauseabondo di qualche rifiuto putrescente rompe l’incantesimo e aprendo gli occhi, nel viandante si dirada la fascinosa atmosfera, si polverizza quella magica realtà e ne appare un’altra: il centro storico deturpato, con diversi edifici cadenti e invaso dalle auto parcheggiate ovunque, lo stato di abbandono dei monumenti, gli anonimi quartieri periferici sporchi e degradati, evidenziano con lancinante stridore la netta discontinuità urbanistica con il perimetro del centro storico.
Due esperienze sensoriali contrastanti vissute quasi simultaneamente hanno indotto nel viandante un malinconico rimpianto con venature di rabbia ma hanno preso forma anche una serie di interrogativi.
Cosa ha causato una cesura così netta tra il glorioso passato e il decadente presente di Lucera? Cosa è accaduto nel corso del tempo?
L’agire umano: orfano di padri illuminati, collocato in un contesto storico sfavorevole e figlio di una mentalità negativa consolidatasi nel tempo che ha forgiato i tratti distintivi del modus vivendi odierno di buona parte della popolazione locale. Indifferenza, passività, smarrimento dell’etica pubblica, scarso senso civico, scarso rispetto per i beni pubblici (ambiente, territorio, patrimonio culturale) visti come “cose altre da sé” da saccheggiare selvaggiamente e non risorse da tutelare. Una mentalità che non si è radicata per un destino avverso: è la conseguenza della rapacità e della inadeguatezza storica delle classi dirigenti locali che hanno tenuto la popolazione in condizioni di umiliante subordinazione economica e culturale per instillargli il germe della remissività e della perpetua rassegnazione rendendoli sudditi senza diritti. Ma per radicarsi ha richiesto almeno due condizioni: un tessuto economico e sociale arretrato permeato da fatalistica rassegnazione e indifferenza verso i problemi collettivi e una classe politica debole e asservita agli interessi dei potentati locali. Questa mentalità ha contribuito non poco al declino economico e culturale del territorio accentuando il disagio sociale, la disoccupazione, la micro criminalità, l’insicurezza dei cittadini, il vandalismo e la cultura della sciatteria: fenomeni allarmanti che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Ulteriori riverberi di questo stato di cose derivano dall’impasto tra indifferenza e grettezza che ha innalzato tra gli individui muri quasi invalicabili tali da impedire qualsiasi forma di confronto costruttivo, premessa basilare per creare forme di associazionismo orientate alla formazione di cittadini attivi, e partecipativi alle problematiche collettive.
A livello locale l’offerta culturale “pubblica” (cioè finanziata con risorse pubbliche) spesso non si colloca in un contesto organico di processi coinvolgenti che, suscitando curiosità e stimolando la riflessione, contribuiscono ad ampliare gli orizzonti mentali, ad alimentare la predisposizione al cambiamento e ad avvicinare le persone (specialmente i giovani) a una fruizione empatica dell’evento. Invece oscilla, disarticolata, tra il dozzinale tritacarne consumistico dell’evento usa e getta perseguito ottusamente dalla autoreferenzialità della politica odierna e lo spazio angusto dello snobistico autocompiacimento in cui si confina una sedicente sparuta elité.
Cosa fare?
Oggi è doveroso per la comunità mettere in moto un processo di rinnovamento culturale-formativo per provare a superare le negatività di una mentalità dalla quale ereditiamo pesantissime catene invisibili che ci impediscono di cambiare in meglio la qualità della nostra vita e dell’ambiente in cui viviamo. Ma per mettersi in moto è necessaria una presa di coscienza individuale di questo stato di cose a partire dalle persone “più illuminate” che dovrebbero cominciare a cercarsi. Per unirsi e voltare pagina insieme verso l’impegno alla partecipazione, alla cittadinanza attiva, alla formazione di cittadini consapevoli e alla costruzione di una comunità coesa. Inoltre occorrerebbe formare una nuova classe dirigente illuminata e lungimirante, dotata di una ritrovata etica pubblica, capace di una progettualità concreta e organica finalizzata al bene comune.
Saremo in grado di vincere questa sfida? E’ difficile rispondere a questa domanda, ma sicuramente abbiamo il dovere di provarci attivandoci con tutte le migliori energie di cui disponiamo.
Con un volo pindarico facciamo un salto ideale nel tempo: un visitatore ripercorre un vicolo del centro storico senza essere stato “svegliato” dal rumore di un’auto, dal tanfo nauseabondo … La prima magica esperienza non è stata interrotta e cancellata dalla violenza della seconda perché questa non esiste più. Poi è stato intrattenuto da semplici ma autentiche rappresentazioni intrise di storia e di tradizioni popolari locali. Infine ha assaporato un altrettanto semplice e genuina gastronomia locale in un contesto di onesta e calorosa accoglienza.
Il visitatore ritornerà Lucera?
In questo caso la risposta è molto più facile. Ma c’è un indefinito salto temporale di mezzo e soprattutto tanto lavoro da fare.
“Non è il tempo a mancarci. Siamo noi che manchiamo al tempo”.
Comunicato stampa