Tre anni di una guerra ingiustificata caratterizzata da invii di armi, false trattative, strette di mano ma la pace resta ancora lontana e indesiderata..

Arturo Di Sabato
Si è compiuto il terzo anniversario dell’invasione russa per la contesa regione del Donbass e delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk, Kerson annesse poi da Putin.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non rendendosi conto in quale stato finisse la sua patria ha chiesto il sostegno politico – economico e militare agli Stati Uniti in primis, alla Nato e all’Unione Europea, organizzazioni alle quali voleva aderire sin da subito.
Non dimentichiamo i numerosi appelli del Santo Padre Francesco dal febbraio 2022 e quelli che continua ad inviare dalla poltrona del Policlinico Gemelli invitando la Comunità internazionale ad aprirsi al dialogo e a far tacere le armi.
Il popolo ucraino pur ferito da questa guerra assurda è rimasto nelle proprie città distrutte come Mariupol, Zaporizhzhia o in piccoli villaggi, non solo per difesa ma per sviluppare un senso di appartenenza alla propria terra attraverso la quale l’individuo trova una propria collocazione nella società come scrive il sociologo Simmel.
I morti di questa guerra assurda sono numerosi, ma per spirito di propaganda si continua a fare una guerra mediatica e dicotomica. Infatti, la Russia, ha vietato sin dall’inizio al proprio servizio stampa di annunciare la morte dei suoi soldati.
Tre anni di bombardamenti, minacce nucleari, ma qualcuno doveva pur finirla questa guerra. Ecco Donald Trump detto il Tycoon, il quale aveva promesso che in pochi giorni dal suo insediamento alla Casa Bianca avrebbe portato la pace.
Prima ha messo “bocca” in Medio Oriente definendo Gaza una riviera e i palestinesi un popolo da mandare via, un piano assurdo e senza senso e poi ha iniziato i contatti con Putin per la fine del conflitto russo-ucraino senza coinvolgere l’Unione Europea che risentita ha continuato ad appoggiare Zelensky inviando armi.
Il Cremlino, si è aperto al dialogo, così anche Zelensky ma Trump ha chiesto a quest’ultimo l’equivalente di 500 miliardi di dollari di terre rare come una sorta di risarcimento per gli aiuti militari inviati dall’amministrazione Biden e per la protezione futura. Un giorno l’Ucraina potrebbe essere russa avverte il tycoon. Mentre sembra che si avvertono spiragli di pace, la Russia continua a bombardare. Infatti, alla vigilia del terzo anniversario dell’invasione, l’esercito russo ha lanciato 267 droni in una sola notte (praticamente un record) sulla capitale Kiev e Kryvyi Rih la città natale del presidente Zelensky. L’Ucraina ha risposto con i missili forniti dall’ex presidente Biden, dall’Unione Europea e dall’Italia con la presidente Meloni che cerca di trovare una posizione comoda tra l’attuale presidente americano e un Europa ancor più divisa e che non viene coinvolta negli accordi di pace e invitata ai vertici sauditi che hanno dichiarato il presidente ucraino un dittatore.
Politiche, trattative segrete, ma alla fine la pace tanto richiesta e promessa resta indesiderata poiché se non si abbattono i propri interessi, continueranno a cadere solo bombe e il braccio di ferro resiste sempre di più. Il paese è distrutto, non esiste più una territorialità non solo fisica ma anche uno scambio comunicativo tra individui permettendo loro di consolidare sia la propria personalità, sia la propria identità sociale.
Inoltre, si è aperto un divario: se da un lato i dialoghi delle delegazioni americane e russe “procedono” senza problemi come fanno credere, dall’altro lato la presidente della Commissione Europea Ursula Von de Leyen ha annunciato lo stanziamento entro marzo di 3,5 miliardi di euro per l’Ucraina dichiarando: «Nessuno vuole più pace del popolo ucraino, ma una pace giusta e duratura si ottiene solo con la forza».
Ecco il gioco dell’oca: mentre sembra si arrivi al punto di arrivo si torna indietro e si ricomincia daccapo!